Dalla Danimarca, alla Spagna e all’Italia: il percorso di un ricercatore

26/04/2022

Il legame sempre più stretto tra ricerca pubblica e privata ha portato benefici senza precedenti ai pazienti. La collaborazione con il sistema della ricerca pubblica è diventata, per Dompé farmaceutici un pilastro fondamentale su cui creare un nuovo sistema healthcare. Ma come si incontrano questi due mondi così diversi? È grazie ai ricercatori che, passando da un ambito all’altro, i due modi di fare ricerca si contaminano. Un esempio è l’esperienza e la carriera lavorativa di Pier Giorgio Amendola, laureato in biologia applicata alla ricerca biomedica e oggi Direttore associato del team Discovery Biology in Dompé.

“Sono felice di essere ritornato in Italia per riportare nel mio Paese le competenze e le conoscenze acquisite all’estero durante un lungo periodo durato quasi 12 anni, nel quale ho affrontato progetti differenti che mi hanno fatto crescere”, spiega. “Devo dire che il vero valore aggiunto nel fare esperienze diverse è l’imparare ad adattarsi rapidamente a contesti nuovi, magari molto differenti rispetto al proprio passato”. Amendola ha trascorso sette anni al Biotech Research & Innovation Centre (BRIC), University of Copenhagen, nell’ambito del dottorato e del successivo post dottorato di ricerca, per poi trasferirsi a Barcellona e lavorare per Ona Therapeutics, una startup focalizzata su trattamenti oncologici ed infine è ritornato in Italia a Napoli presso uno dei centri di eccellenza di ricerca europei che porta la firma Dompé farmaceutici. “Oggi – due anni dopo aver iniziato la mia attività alla Dompé – sono coinvolto in oltre 20 differenti progetti di ricerca, coordino diversi team, e sono convinto che nel campo della ricerca farmaceutica il raggiungimento di obiettivi sfidanti richieda sia elevate competenze di laboratorio sia adeguate capacità di networking a livello nazionale ed internazionale”.

Il settore Discovery Biology di Dompé si focalizza su tre aree principali: lo studio delle neurotrofine; i processi biologici della NETosi e infine la ricerca di nuovi target su cui indirizzarsi in ambito farmacologico per espandere i processi di cura già in atto. “Mi sento veramente vicino ai pazienti che cercano risposte per il proprio stato di salute”, aggiunge Amendola. “In passato mi sono spesso trovato a concentrare le energie su un solo ambito di ricerca, con tutti i rischi e la frustrazione che ne può derivare. Ora ho la percezione diretta di quanto ciò di cui mi occupo possa fare la differenza e creare valore, peraltro puntando a più obiettivi allo stesso tempo”.

Ora, racconta Amendola, nella quotidianità lavorativa si sente più protagonista rispetto al passato. “Ci sono differenze tra l’ambito accademico e quello industriale”, spiega. “Nel primo la ricerca spesso non ha la necessaria continuità e soltanto attraverso le pubblicazioni scientifiche è possibile per il ricercatore far conoscere i suoi traguardi e progredire nel suo percorso accademico. In quel contesto è inoltre difficile associare i propri studi a un beneficio immediato per la società. Nell’ambito aziendale, invece, i maggiori finanziamenti, le strumentazioni più idonee e il contesto di lavoro più ampio permettono di ottenere risultati robusti, in tempi più rapidi e con un possibile impatto diretto nella società e nella vita dei pazienti”.

Ricerca universitaria e industria farmacologica, due mondi così distanti in passato, si stanno in realtà progressivamente avvicinando, visto che gli esempi di collaborazione tra settore industriale e accademico sono sempre più frequenti. Anche Dompé, per esempio, finanzia dottorati e attività di ricerca in ambito universitario per promuovere avanzamenti in settori specifici.

Insomma, “non è corretto pensare che la vera ricerca scientifica si possa fare solo in ambito accademico, e che il lavoro nell’industria sia condizionato esclusivamente dal profitto”, conclude Amendola.

Condividi questo articolo

Article image