«Con la tecnologia e la ricerca vinciamo (anche) negli Stati Uniti, Ma la produzione e in Italia»
ABBIAMO TROVATO L'AMERICA VALE 40 MILIARDI FARMACEUTICA
«Da San Francisco a Boston competenze e cultura d'innovazione, ci sono opportunità ovunque. La produzione però resta all'Aquila»
Nathalie Dompé: «Pronti allo shopping qui la ricerca è valorizzata»
Dompé è un caso clamoroso di espansione negli Stati Uniti. Pur mantenendo la produzione in Italia e sviluppando lo stabilimento storico dell'Aquila, l'azienda farmaceutica milanese ha coperto con gli Stati Uniti il 72% dei ricavi nel 2022 (776 milioni di euro) e pensa di crescere ancora. «Quest'anno contiamo di salire a oltre un miliardo di giro d'affari di cui il 75% dagli Usa, dove il prossimo anno investiremo 130 milioni in ricerca e sviluppo, dai Zoo milioni di quest'anno», dice Nathalie Dompé, co amministratrice delegata di Dompé farmaceutici (goo addetti) e della controllante Dompé Holdings che fa capo per intero al padre Sergio.
C'è lei — 37 anni, due figli di 4 (Sergio) e 2 anni (Talitha), casa da anni vicino alla sede americana dell'azienda a San Mateo, California, zona Paolo Alto — dietro la spinta a stelle e strisce della società dell'Oki, che qui coltiva studi clinici e preclinici, oltre a rapporti anche d'investimento con le biotech come Aramis Bioscience.
«Siamo già a 150 persone negli Usa, saliranno del 20% nel 2024. Eravamo in 70nel 2018», dice Nathalie Dompé. Inoltre ci sono progetti di acquisizione in fase avanzata. «L'intenzione di espanderci c'è, siamo in un momento favorevole — dice la ceo —. Abbiamo guardato un centinaio di aziende negli ultimi due anni, alcune anche di qualche miliardo . Siamo in fase di due diligence su un paio. Ci focalizziamo sul biotech e sulle malattie rare». Perché l'America? «Penso che abbia delle risorse e una cultura biotech che stimolano la ricerca e possono avere un forte impatto sui progetti — dice l'imprenditrice — . C'è un sistema diverso, che valorizza i farmaci innovativi più che in Europa. Ci sono gli hub con circuiti virtuosi: sulla East Coast quello che mota intorno ad Harvard e Boston, per esempio; sulla West coast quello intorno a Los Angeles e alla Silicon Valley. Le competenze sono concentrate, ci sono i centri d'eccellenza. Tutto questo è attrattivo per la ricerca». Non è tanto questione di incentivi o agevolazioni fiscali, insomma: «C'è una cultura diversa, ci petenze europe, prevale il sistema. La crescita esponenziale di Dompé negli Usa è dovuta finora all'approvazione da parte dell'Fda, l'autorità che vigila sui medicinali, della Ngf, Nerve growth factor, la «molecola della Montaicini» che rigenera i nervi dell'occhio. E quella del collirio biotech contro la cheratite neurotrofica, con il quale Dompé ha triplicato i ricavi in cinque anni. Ma è solo il primo passo, nota l'imprenditrice, perché allo studio ci sono nuove molecole anche per il mercato americano. Una è il Reparixin, in fase 3, la più vicina a una possibile registrazione, contro la sindrome da stress respiratorio acuto.
«Negli Stati Uniti abbiamo 12 studi clinici attivi nelle malattie autoimmuni, nell'oftalmologia e nel respiratorio, e un network scientifico con oltre Zoo partner», dice Nathalie Dompé che però precisa: «La nostra produzione rimarrà in Italia, concentrata all'Aquila». Un segnale dell'aumentata attenzione agli Stati Uniti è la nomina di Shannon K. Sullivan, ex Amgen, a capo del commerciale biotech, il mese scorso (chief commercial officer). «Indica una direzione precisa, una crescita evoluta — dice l'imprenditrice —. Shannon ha lavorato in Amgen 20 anni, ha una cultura farmaceutica concreta».
Il radicamento negli Usa si esprime anche attraverso attività sociali come le borse di studio per un milione di dollari nel 2024 e il finanziamento dell'asilo «La scuola» nel 2022, con 37 bambini, sul modello emiliano, con Valentina Imbeni, figlia dell'ex sindaco di Bologna.