Nonostante il no di Confindustria, molte imprese si accollano il costo dei test per i dipendenti senza certificato

15/10/2021

Il costo del tampone non può essere a carico dell'azienda, ma del lavoratore che lo deve fare. Questa è la linea del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ribadita ieri durante l'incontro con Enrico Letta e la segreteria del Pd. Tuttavia, nel variegato universo imprenditoriale, molti stanno pensando di seguire una strada diversa. Nelle ultime ore si segnalano sempre più esempi di imprese che fanno sapere di voler pagare i test rapidi ai propri addetti non vaccinati per non mettere a rischio l'operatività degli uffici e dei capannoni. E anche il governo sta pensando di introdurre ulteriori detrazioni aiutando chi paga i tamponi ai dipendenti.

Già adesso è in vigore un credito d'imposta del 30% sulle spese per sanificazione e sicurezza nei luoghi di lavoro che, a questo punto, sembra destinato ad essere rafforzato. Oggi scatta l'obbligo del Green Pass, ma molte aziende non subiranno un contraccolpo dal punto di vista organizzativo perché hanno deciso di offrire i tamponi a chi è sprovvisto del lasciapassare vaccinale. È il caso di Piquadro, marchio di zaini e valigie, che pagherà per tutti gli addetti che ne fanno richiesta. Anche Ducati Motor, come molte altre aziende metalmeccaniche del Bolognese, sosterrà le spese per i test anti Covid. In prima fila ci sono pure Toyota Material Handling e Bonfiglioli, il gruppo esperto in motoriduttori che ha aperto uno sportello negli stabilimenti per effettuare gli esami antigenici. Ima, industria che produce macchine automatiche, annuncia che rimborserà i tamponi per un mese, dando tempo così a chi non si è ancora vaccinato, di farlo. L'ex Ilva di Taranto assicurerà il Green Pass a circa 1.600 operai non vaccinati, a fronte di 8.200 che invece sono in regola. L'acciaieria ha organizzato ingressi separati e ambulatori medici in funzione dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20 e la domenica mezza giornata.

Nelle Marche, a Numana, la Sailmaker, specializzata in tessuti della nautica, garantisce tamponi gratis a tutti i dipendenti fino alla fine dell'anno. Scende in campo pure il mondo del biologico. «Vogliamo evitare le lotte e le divisioni che purtroppo il virus ha esasperato nella relazione tra le persone, nel dibattito pubblico e nelle aziende», dice Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì. «Siamo intenzionati, per garantire il rispetto delle nuove norme sul Green Pass, a permettere a tutti i lavoratori di svolgere la propria attività liberamente, contribuendo come Gruppo al costo dei test previsti dalla legge», aggiunge. Una scelta che ha effetti sui 1.600 dipendenti e gli oltre 300 negozi di NaturaSì. Rimborsare al 100% i tamponi dal 15 al 31 ottobre è uno dei punti del protocollo di sicurezza di Metro, realtà tedesca della grande distribuzione che in Italia annovera 4.500 dipendenti in 50 punti vendita e ha la sede principale a San Donato Milanese.

La solerzia di queste tante imprese stride con le parole di Bonomi e forse segna una spaccatura tra gli industriali. Da non sottovalutare, poi, i problemi di produzione in cui potrebbero incappare le piccole attività con meno di 15 impiegati che possono sostituire le maestranze dopo 5 giorni di mancata presentazione del certificato verde. Infatti, dovranno reperire sul mercato figure professionali da ingaggiare per pochi giorni e non oltre il 31 dicembre 2021. Tra le aziende che non vogliono pagare le spese, lasciando in capo ai lavoratori la scelta di non vaccinarsi, c'è Kiko: 2.500 addetti, il 15% senza certificazione verde. Ma c'è chi punta sugli incentivi: la Isocell di Laives, in provincia di Bolzano, promette ai dipendenti che si vaccinano un bonus di 500 euro in busta paga a dicembre e un giorno di ferie in più.

Confcommercio condivide la strategia di Bonomi, sia per una questione economica che «di principio», così come Sergio Dompé, vicepresidente di Assolombarda e presidente esecutivo di Dompé farmaceutici. «Noi dobbiamo dare l'esempio di ciò che deve essere il rispetto delle regole e la tutela dei più deboli e delle persone che non si possono permettere il rischio di contrarre Covid», sottolinea. Sui tamponi gratuiti, spiega, «bisogna guardare se ci sono delle condizioni di fragilità e ovviamente queste verranno prese in carico dalle aziende, ma non si può e non si deve premiare un atteggiamento di disobbedienza civile».

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