Il G20 promette vaccini per tutti, ma le disuguaglianze corrono più veloce
Nel "Patto di Roma" approvato dai ministri della Salute l'impegno affinché nessuno resti indietro nella lotta contro Covid. Oxfam e Emergency attaccano: "Nessun passo decisivo per aiutare i Paesi poveri". Draghi all'Onu: "Doneremo 45 milioni di dosi entro la fine dell'anno"
Portare la vaccinazione anti-Covid in tutto il mondo, a partire dai Paesi più fragili, raggiungendo il traguardo del 40% della popolazione globale immunizzata entro la fine del 2021. È con questo obiettivo che si è concluso il G20 Salute, dopo aver riunito per due giorni a Roma (5-6 settembre), nella cornice dei Musei Capitolini, i ministri della Sanità dei Paesi più avanzati. Con l'approvazione all'unanimità del "Patto di Roma" si rinnova l'impegno già emerso nel recente Global Health Summit di maggio per "aumentare e diversificare la capacità produttiva di vaccini globale, locale e regionale, sviluppando competenze per i Paesi a reddito medio-basso".
Un risultato non scontato, considerando che il G20 dello scorso anno sia terminato senza una dichiarazione finale approvata dai Paesi. Oggi, invece, il documento finale porta la firma di tutti, ed anche la Cina è intervenuta in collegamento video. Tanti gli impegni che si prefiggono i Paesi del G20, ma "nessun passo concreto" verso la "sospensione dei monopoli di Big Pharma, per garantire l'accesso ai vaccini nei paesi a basso reddito, dove solo l'1,4% della popolazione ha ricevuto una dose", denunciano Emergency e Oxfam, unite nel criticare l'assenza di decisioni chiare per arginare le disuguaglianze vaccinali.
LE PRIORITÀ
Tutti i ministri della Salute presenti a Roma hanno sottoscritto un documento di 33 punti. Quattro le aree prioritarie: ripresa sana e sostenibile; costruire resilienza One Health; risposta coordinata e collaborativa; vaccini, farmaci e diagnostica accessibili. "Da questo patto arriva un messaggio fortissimo a tutto il mondo, il globo unito che vuole vincere insieme la sfida del Covid e il rilancio dei sistemi sanitari", ha dichiarato il ministro della Salute Roberto Speranza, a conclusione del G20 della Salute. Il primo banco di prova sono le risorse: due miliardi di dollari i fondi stimati necessari per garantire il vaccino ovunque secondo l'Alleanza per i vaccini Gavi. "Vogliamo portare il vaccino in tutto il mondo e metteremo le risorse necessarie. Da qui a poche settimane ci sarà una riunione dei ministri della Salute con quelli delle Finanze e quello - assicura il ministro Speranza - sarà un momento decisivo in cui andare a individuare le risorse specifiche per finanziare tutti gli strumenti messi in campo”.
Non si mira solo a portare più dosi laddove ve n'è maggiore bisogno, offrendo sostegno ai Paesi in via di sviluppo, come attraverso il programma Covax, ma la parola più volte ribadita nel corso del G20 è stata "autonomia". Gli Stati vogliono che si costruiscano le condizioni affinché la produzione dei vaccini sia portata anche in Paesi diversi, per rendere altre aree del mondo capaci di produrre, condividendo metodologie e processi. Il tasso di disuguaglianza è "troppo alto e non sostenibile, sbagliato sul piano valoriale e sanitario, perché se lasciamo una parte del mondo senza vaccini avremo nuove varianti", si legge nel documento firmato dai ministri della Salute. Il rischio della proliferazione di nuove varianti nelle ampie fasce di popolazioni a basso reddito non ancora vaccinate comporterebbe la diffusione di questi ceppi diversi del virus in tutto il mondo e la vanificazione di tutti gli sforzi fatti finora. "Nessuno, quindi, deve restare indietro nella campagna di vaccinazione", dichiarano all'unanimità i ministri. Il messaggio del "Patto di Roma" è chiaro: i Paesi più forti devono farsi carico di aiutare quelli più fragili nella campagna di vaccinazione, e "va fatto subito'.
Altro punto chiave è "ricominciare ad investire sui servizi sanitari nazionali chiudendo definitivamente ogni stagione di risorse scarse e tagli", indica il ministro Speranza. E ciò con l'indicazione di difendere l'impianto universalista dell'assistenza. Tra i principali punti approvati nella dichiarazione finale del G20, c'è la difesa dell'approccio One Health, ovvero l'idea che la salute di uomo, animali e ambiente si tengano insieme, per "rispondere alle emergenze sanitarie di oggi e domani". Altro impegno è quello di condividere, a livello internazionale, le informazioni e le migliori pratiche sanitarie anche attraverso le tecnologie digitali. I Paesi si impegnano, inoltre, a sostenere la scienza per abbreviare il ciclo di sviluppo di vaccini, terapie e test sicuri ed efficaci e a promuovere la fiducia nei vaccini rafforzando la comunicazione pubblica.
SALUTE MENTALE, LA FERITA NASCOSTA
Massima attenzione è stata dedicata alla salute mentale. Speranza ha fortemente voluto che il G20 italiano si aprisse con un appuntamento dedicato a quella che potrebbe essere definita come la ferita nascosta della pandemia. "Non c'è salute e non c'è benessere senza piena salute mentale. Nei mesi difficili di pandemia questa è diventata ancora di più una priorità. Dobbiamo dare il segnale che essa - ha chiarito il ministro - è assolutamente cruciale per le politiche sanitarie dei prossimi anni", afferma su Facebook il ministro della Salute. "La pandemia - si legge nella dichiarazione conclusiva del G20 Salute - sta avendo effetti sulla salute mentale e sul benessere, a causa dell' isolamento, dell'aumento della disoccupazione, della carenza alimentare, dell'aumento della violenza su donne e ragazze e dell'accesso limitato all'istruzione come anche ai servizi sanitari, compreso la salute sessuale e riproduttiva". Ecco quindi la "necessità" di "migliorare l'accesso ai servizi di salute mentale, in particolare in tempi di emergenze e crisi sanitarie, e aumentare l'accesso alle cure e la loro qualità". In linea con il Piano d'Azione per la Salute Mentale 2013-2020, recentemente approvato alla 74esima Assemblea mondiale della sanità.
OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE
Nel dettaglio, la Ministeriale Salute del G20 si è strutturata in tre parti. La prima sessione è stata dedicata all'impatto del Covid-19 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG, Sustainable Development Goals) dell'Agenda 2030. La prolungata emergenza sanitaria ne minaccia l'avanzamento, con stime che indicano come per alcuni obiettivi il ritardo accumulato possa essere di decenni, particolarmente in determinate aree del mondo, e rende gli sforzi per il loro conseguimento ancora più urgenti e prioritari. Appare sempre più chiaro come una risposta efficace alla pandemia debba comportare un migliore sostegno ai Paesi più fragili per accelerare il conseguimento degli SDG, in primis quelli legati alla salute e ai suoi determinanti, soprattutto in termini di diritto universale alle cure sanitarie. Particolare attenzione è stata inoltre rivolta all'obiettivo della parità di genere, altro tema caro alla Presidenza italiana. Il G20 Salute ha avuto come messaggio centrale il mandato a "build back better" così come la realizzazione di una maggiore resilienza, di fronte alle crisi sanitarie e non solo.
Migliorare i sistemi sanitari su scala globale, nazionale e locale a partire dalle cure primarie e investire importanti risorse nella salute e nel benessere sarà di importanza capitale per sostenere nel lungo periodo il progresso socio-economico mondiale e arrivare ad una maggiore prosperità condivisa. Andrà quindi perseguita una ripresa che tenga conto delle lezioni apprese durante la pandemia declinandole nell'ambito degli SDG così da indurre gli indispensabili cambiamenti per meglio progettare e costruire il nostro futuro e rispondere anche alle sfide che abbiamo davanti.
APPROCCIO ONE HEALTH
La seconda sessione è stata dedicata all'obiettivo di raggiungere una migliore capacità di collaborazione e coordinamento a livello internazionale, in caso di pandemie future. Nella consapevolezza che le ultime crisi sanitarie hanno avuto nella relazione uomo-animale-ambiente i principali fattori determinanti, una delle risposte chiave che i G20 suggeriscono è quella di rafforzare l'approccio One Health, che racchiude in un concetto olistico salute umana, animale e ambientale come determinanti della nostra salute e del nostro benessere, per i quali sono essenziali tra gli altri lo sviluppo sostenibile, i sistemi alimentari, la lotta al cambiamento climatico. Da rafforzare anche gli investimenti nei sistemi sanitari, condivisione dei dati e digitalizzazione, politiche per i professionisti della salute.
ACCESSO EQUO A VACCINI E DIAGNOSTICA
Durante la terza sessione, si è discusso dei cosiddetti "control tool" che ci stanno permettendo di contrastare con efficacia la pandemia. I G20 hanno affrontato il tema dell'individuazione delle migliori strategie globali possibili per sostenere lo sviluppo e l'equo accesso a vaccini, medicinali e diagnostica. Se il Covid-19 ha fatto emergere le carenze dei sistemi sanitari, esso ci ha al tempo stesso insegnato come ricerca scientifica, collaborazione internazionale e partnership pubblico-privato riescano a produrre risultati eccezionali, fra i quali la creazione di vaccini sicuri ed efficaci nel giro di pochi mesi. "Occorrerà proseguire su questa strada - dichiarano i ministri - fornendo l'indispensabile sostegno a ricerca e sviluppo di prodotti innovativi, in grado di far fronte alle varianti, incoraggiandone la produzione a livello globale, regionale e locale, nonché rafforzando la resilienza delle filiere produttive e l'efficacia del trasferimento tecnologico". Giacché l'emergenza sanitaria non sarà esaurita finché non ne saremo fuori tutti, i ministri G20 hanno discusso inoltre di come assicurare l'accesso più largo possibile ai vaccini da parte della popolazione mondiale a partire dai meccanismi di collaborazione esistenti, compreso tramite donazioni di dosi per far fronte alle esigenze più immediate. Occorrerà inoltre colmare il deficit finanziario dell'Access to Covid-19 Tools Accelerator (ACT-A) in particolare nei pilastri dedicati alle cure e alla diagnostica, che continueranno ad essere rilevanti per la gestione della pandemia insieme ai programmi di vaccinazione.
B20, DIALOGO PUBBLICO-PRIVATO
Alla Ministeriale ha partecipato anche Sergio Dompé, Chair della task force Health e Life Sciences del B20 nonché Ceo di Dompé Farmaceutici: “Abbiamo trovato grande sintonia con tutto il G20 per sfruttare appieno, e rapidamente, le nuove soluzioni tecnologiche prodotte dalla convergenza delle conoscenze su geni e cellule, ma anche nell'uso dei big-data e delle collaborazioni pubblico-privato. Siamo di fronte a un'opportunità senza precedenti di usare la scienza e l'innovazione per creare una sanità migliore per tutti". Prima del Summit finale del B20, in programma il 7 e l'8 ottobre a Roma, la task force ha organizzato il Dialogo B20-G20 sulla Salute e le Scienze della vita. Dompé si è soffermato sulla necessità di ripensare il sistema della salute come un ecosistema interconnesso, efficiente e cooperativo: "L'innovazione dei vaccini RNA, che il governo italiano ha saputo trasformare in leva per abilitare il lavoro e garantire la salute insieme al Patto di Roma, sottolinea quanto oggi la Salute e le Scienze della Vita siano le fondamenta della prosperità. Le raccomandazioni che come B20 consegneremo al presidente del Consiglio Mario Draghi vanno in questo senso perché è sull'innovazione e la sostenibilità della Salute che dobbiamo costruire il nostro new normal".
Non c'è dubbio che ricerca e innovazione accelerino in presenza di un network cooperativo. Lo hanno dimostrato i recenti progressi sul fronte dei farmaci anti-Covid, individuati in tempi record grazie alla straordinaria collaborazione tra mondo scientifico, industriale e istituzionale. Ora occorre rendere permanente l'accelerazione nello sviluppo di soluzioni efficaci per killer silenziosi come cancro, diabete e malattie cardiologiche, e incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo, è stato evidenziato nel corso dell'evento. "Da una pandemia al cambiamento climatico o all'insicurezza alimentare, i progressi della biotecnologia hanno il potenziale per affrontare le sfide globali del nostro tempo. Ora abbiamo bisogno di assicurare che i benefici della scienza raggiungano tutti - non solo il mondo sviluppato. Il rapporto B20 offre una tabella di marcia politica per far avanzare la bio-rivoluzione nel prossimo decennio" si legge nel documento che la task force consegnerà a Draghi.
COVAX E GLI OBIETTIVI NON RAGGIUNTI
Le immagini delle piazze no-Vax in Italia e nel resto del mondo stridono con la richiesta di vaccini che arriva dai Paesi poveri, dove la mancanza di dosi dimostra che il programma Covax, lanciato nell'aprile del 2020 da Gavi Alliance, Organizzazione mondiale della sanità e Coalition for epidemic preparedness innovations (Cepi) per "garantire un accesso equo ai vaccini", non ha raggiunto i suoi obiettivi. L'idea originale era di distribuire 2 miliardi di dosi entro la fine del 2021. Covax ha compiuto progressi significativi: sono stati raccolti più di 10 miliardi di dollari; impegni giuridicamente vincolanti per un massimo di 4,5 miliardi di dosi di vaccino; 240 milioni di dosi sono state consegnate a 139 paesi in soli sei mesi, secondo quanto dichiara l'Oms. Ma è troppo poco rispetto a quanto era stato promesso. Solo il 20% delle persone nei Paesi a reddito medio-basso ha ricevuto una prima dose di vaccino rispetto all'80% nei Paesi a reddito medio-alto, si legge sul sito dell'Oms.
Il quadro attuale dell'accesso mondiale ai vaccini è "inaccettabile", così viene descritto nel comunicato ufficiale diffuso dalla stessa iniziativa Covax lo scorso 8 settembre. È pur vero che Covax ha incontrato molti ostacoli: i bandi alle esportazioni di fiale, la priorità data dalle aziende che hanno sviluppato i vaccini agli accordi bilaterali stipulati con i singoli Stati, i ritardi nell'autorizzazione dei vaccini da parte degli organismi regolatori dei farmaci e i problemi riscontrati nel tentativo di aumentarne la produzione. A tutto ciò, una grave battuta d'arresto è arrivata in primavera, quando l'India, colpita dalla devastante ondata che ha portato alla ribalta la variante Delta, ha sospeso l'esportazione dei vaccini prodotti nei propri stabilimenti. Covax si era affidato al Serum Institute of India per fornire più della metà delle sue dosi e la conseguente carenza ha reso l'organizzazione incapace di mantenere i suoi impegni in molti paesi.
DRAGHI: ITALIA TRIPLICHERA SFORZI
L'Italia ha già donato 6 milioni di dosi ai Paesi a medio e basso reddito. L'obiettivo è stato inizialmente fissato a 15 milioni di dosi entro il 2021. Poi l'annuncio di Draghi, in videoconferenza al Global Covid-19 Summit: "Noi siamo pronti a triplicare i nostri sforzi, entro fine anno doneremo 45 milioni di dosi" ai Paesi più poveri". Oltreceano, il presidente degli Usa, Joe Biden, ha annunciato che gli Stati Uniti doneranno altre 500 milioni di dosi ai Paesi più poveri, grazie a un accordo raggiunto con Pfizer-BioNTech. Non solo, Washington è pronta anche a stanziare altri 370 milioni di dollari per favorire la distribuzione dei vaccini ovunque nel pianeta, per favorire una somministrazione sempre più capillare nelle aree più remote e disagiate.
NESSUNO È AL SICURO FINCHÉ TUTTI NON SONO AL SICURO
Annunci, quelli dal G20 e dal Global Covid-19 Summit, che arrivano mentre in gran parte dei Paesi ad alto reddito si è partiti con le terze dosi di vaccino anti-Covid e, al contempo, i già deboli sistemi sanitari dei Paesi poveri continuano ad essere messi a dura prova con una pandemia che miete vittime e a distrugge i mezzi di sussistenza. "No one is safe until everyone is safe", "nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro", sottolinea l'Oms. C'è solo un modo per porre fine alla pandemia e prevenire l'emergere di nuove varianti: "lavorare insieme". Il lento dispiegamento della campagna di vaccinazione contro il Covid-19, inoltre, potrebbe avere una forte ricaduta economica. Il centro di ricerca The Economist Intelligence Unit (Eiu) nello studio "How much will vaccine inequity cost?" ha calcolato una perdita di 2,3 trilioni di dollari del PIL globale nei prossimi tre anni. "I Paesi che entro la metà del 2022 avranno vaccinato meno del 60% della loro popolazione registreranno una perdita totale di Pil di 2.300 miliardi di dollari, nel periodo 2022-2025", si legge nel report. Parliamo, quindi, di una somma che corrisponde quasi al Pil annuo di un Paese come la Francia.
LE VOCI CRITICHE
Nonostante le parole d'ordine del G20 della Salute siano state "equità, solidarietà e uguaglianza", a conclusione della Ministeriale, Sara Albiani, policy advisor sulla salute globale di Oxfam Italia, e Rossella Miccio, presidente di Emergency, lamentano la mancanza di azioni concrete nei confronti dei Paesi a basso reddito. "Nella risposta alla pandemia, in termini di accesso globale ai vaccini, nessun passo decisivo e concreto è stato impresso per la definizione di strategie e strumenti di medio e lungo periodo, che di fronte a future pandemie, permettano di cambiare il paradigma e mettere fine alle vergognose disuguaglianze nell'accesso alle cure e ai vaccini", dichiarano. Al loro appello si aggiunge anche quello di Medici senza frontiere: "L'Ue continua a ostacolare le iniziative che permetterebbero ad altri paesi di produrre in autonomia i vaccini e altre terapie, mentre le dosi promesse non sono state condivise in modo tempestivo. Di conseguenza, molti Paesi si stanno confrontando con una drammatica carenza di vaccini contro il Covid-19", rileva Christos Christou, presidente internazionale Msf. "Nell'ambito dei suoi accordi di finanziamento e acquisto di vaccini e terapie contro il Covid-19, l'Unione europea non ha infatti negoziato né richiesto la condivisione delle tecnologie e dei diritti sulla proprietà intellettuale. L'Ue, inoltre, ha attivamente osteggiato il processo di negoziazione nei confronti della deroga sugli accordi Trips, una proposta presentata all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) che permetterebbe ai Paesi di sospendere temporaneamente i brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale su farmaci, test diagnostici e vaccini utili per la risposta al Covid-19", osserva Msf.
Il British Medical Journal è arrivato a chiedersi se questa iniquità sui vaccini possa essere considerata come un crimine contro l'umanità. "Profiteering from vaccine inequity: a crime against humanity?" è il titolo di un editoriale pubblicato ad agosto, in cui si denuncia una sorta di "apartheid" vaccinale nei confronti dei 50 paesi più poveri che hanno ricevuto solo il 2% delle dosi di vaccino disponibili contro il Covid-19. Paesi dove vive il 20% della popolazione mondiale. I Paesi ricchi hanno acquistato più dosi possibili di vaccini, in molti casi pagandoli anche un prezzo maggiorato, lasciando relativamente poche dosi ai Paesi più poveri. "La Gran Bretagna - scrive il Bmj - si è procurata dosi sufficienti per quattro volte la sua popolazione, mentre alla fine del 2021 i Paesi ricchi avranno accumulato un miliardo di dosi inutilizzate". L'Oms chiede che le nazioni ricche interrompano le vaccinazioni di richiamo e inviino invece dosi alle nazioni più povere. I ministri della Salute torneranno a riunirsi con i colleghi delle Finanze a fine ottobre, quand'è previsto anche il summit finale del G20 a Roma. Resta da vedere se, in quella occasione, i leader del G20 proporranno soluzioni più concrete a difesa dei Paesi più svantaggiati.