Dompé: «La crisi sanitaria? Il mix pubblico e privato è un valore da difendere»

23/05/2020

Il vicepresidente Assolombarda: attacchi strumentali e non costruttivi

Servono consorzi avremo europei la ricerca. Utile avere una fiscalità europea. A ottobre avremo un centinaio di sperimentazioni su oltre 40 farmaci.

L'emergenza Covid-19 ha messo il modello lombardo della sanità sotto la lente. Numerose le critiche: dal mancato lockdown delle zone più colpite all'insufficienza dei tamponi per le diagnosi, alla debolezza della rete di medicina sul territorio. Fino all'attacco frontale messo a segno dal M5S in parlamento. Il modello della sanità lombarda è centrato sulla collaborazione pubblico-privato. Inevitabile che la sanità privata lombarda, con le sue declinazioni nella ricerca e della farmaceutica, si sentisse chiamata in causa. A dare voce al punto di vista di questo ampio settore è il vicepresidente di Assolombarda per le Scienze della vita, Sergio Dompé.

Va fatta una riflessione sul modello Lombardia ora che l'emergenza Covid sembra superata?

«Le riflessioni serie e costruttive sono sempre benvenute. Ma a vedere come sono andate le cose l'altroieri in parlamento, l'impressione è che non ci siano le condizioni. Ho visto attacchi puramente strumentali mentre dovremmo ricordare il valore della sanità lombarda fatta di persone dedite e capaci, un'alta qualità delle cure e un'ampia offerta che garantisce una pluralità di scelte perché ha contribuito nel tempo a creare poli di eccellenza».

Ce l'ha con il M5S?

«Ho trovato persone con cui dialogare seriamente in ogni contesto, compreso il Movimento Cinque Stelle. Non vorrei buttarla in politica. Di certo ce l'ho con una brutta tendenza, tutta italiana, a spingere il confronto sui toni più bassi. Strumentalizzando le questioni».

Il Pd e lo stesso ministro della Salute Speranza è sembrato a disagio...

«Vedo nel ministro una persona onesta e senza pregiudizi che sta cercando di fare il suo lavoro al meglio, cercando soluzioni. Mi pare l'atteggiamento più corretto: il punto per tutti dovrebbe essere lavorare insieme per vedere come migliorare nell'interesse della comunità».

Nemmeno il Pirellone finora ha fatto alcuna autocritica costruttiva...

«Stiamo sul merito, che è il modo di affrontare le questioni che tutti condividiamo in Assolombarda. Per fare questo, non possiamo che partire da un'analisi dei risultati portati dalla sanità Lombarda in tempi di pace. La nostra regione garantisce cure di altissima qualità per i cittadini, a fronte di un investimento in sanità pari al 5,3% del Pil (la media in altre regioni è il 7% e negli Usa è oltre il 16%): il risultato è di massima efficienza. Non a caso scelto anche da molti italiani che abitano in altre Regioni. Tutto questo non può essere cancellato».

Il sistema ha un'alta reputazione, forse per questo le aspettative erano elevate. Che cosa non ha funzionato?

«Vede, può accadere di trovarsi in una tempesta con onde alte dieci metri. Ma di solito puoi contare su Gps, meteo, radar. Sai come affrontare la situazione, per quanto difficile. Invece in questo caso non c'erano le informazioni! Dalla Cina non sono arrivate indicazioni tempestive. E, quello che è ancora più grave, nemmeno l'Oms ha previsto la portata della pandemia».

Lei ha partecipato al comitato d'emergenza in Regione, che situazione ha trovato?

«Sono stati momenti difficilissimi, drammatici, in cui tutti hanno dato il massimo».

Alcuni studi hanno mostrato come il rischio di contrarre il Covid negli ospedali lombardi fosse molto più alto che in quelli veneti.

«Il sistema lombardo centrato sugli ospedali, efficientissimo in tempi di pace sanitaria, non ci ha aiutato in questa emergenza. Se avessimo avuto tutti gli elementi per fare le corrette valutazioni avremmo potuto ridurre la pressione sugli ospedali e soltanto sui casi più gravi».

La parte privata del sistema è stata all'altezza?

«La sanità privata, penso ad esempio a Humanitas e San Raffaele, ha mostrato una capacità di adattamento e collaborazione con il pubblico *** straordinarie, interrompendo le ordinarie attività per dedicarsi ai pazienti Covid».

Il Veneto si era attrezzato per tempo per produrre il reagente per i tamponi. Perché la Lombardia no?

«Sull'approvvigionamento dei reagenti forse si sarebbe potuto essere più efficienti. Detto questo, però, non ha senso paragonare l'emergenza in Veneto con quella in Lombardia. Basta guardare gli indici di densità della popolazione, molto più elevati da noi. Milano è a tutti gli effetti una capitale internazionale crocevia degli scambi dell'economia mondiale».

Emilia e Veneto hanno attivato collaborazioni con le aziende su test sierologici e tamponi ai dipendenti.

«La verità è che non ci sono certezze sull'efficacia di questi test. Si va per tentativi».

Come vede la fase 2?

«Comincio a essere cautamente ottimista. Abbiamo imparato a conoscere questo male. A ottobre avremo un centinaio di sperimentazioni su 40-50 farmaci diversi».

Cure e vaccini sono anche un affare. Saranno diffusi per tutti a prezzi giusti?

«Non credo che avremo problemi. Le autorità di vigilanza non mancano. E poi la ricerca oggi viaggia su piattaforme condivise. Ormai bisogna ragionare in termini di consorzi europei per la ricerca. Lo sforzo di Merkel e Macron per una fiscalità europea va nella direzione giusta. E potrà esserci d'aiuto».

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