COLLOQUIO CON DOMPÉ. Le dosi di vaccino arriveranno in tempo. Parole esperte di sano ottimismo

04/03/2021

Quanto è fondato l'allarme sui ritardi nell'approvvigionamento dei vaccini contro il Covid, e quanto sarebbe utile che l'Italia si dotasse di impianti per produrli?

Sergio Dompé, titolare dell'omonima azienda farmaceutica leader nel settore delle biotecnologie e famosa al grande pubblico anche per la produzione dell'antinfiammatorio Oki, getta acqua sul fuoco in una chiacchierata informale. Un tot di lauree e un tot ancora maggiore di incarichi nazionali e internazionali di altissimo livello nel campo della ricerca farmaceutica (tra l'altro è stato anche Presidente per sei anni di Farmindustria e attualmente è a capo della Task Force per la Salute e le Scienze della Vita del B20, il Business Summit che a luglio metterà nelle mani del G20 un pacchetto di raccomandazioni per una sanità del post-Covid più efficace e sostenibile), Sergio Dompé mette in guardia dalle polemiche ma soprattutto dalle paure di queste ore. «I vaccini non ci mancheranno - mi dice sicuro - e questo ping pong di polemiche quotidiane crea solo ansia». Insisto. Noi della comunicazione saremo anche un po' maldestri, ma anche illustri scienziati ed esperti vari sono preoccupati: «Guardi - dice Dompé - la criticità c'è stata in partenza e ce la trascineremo ancora per quattro, al massimo otto settimane. A maggio di vaccini ne avremo davvero molti e da giugno in poi moltissimi, su questo nessun esperto, anche solo minimamente, può dubitare. Il ritardo iniziale era da mettere nel conto. Le industrie farmaceutiche hanno lavorato al buio, per portarsi avanti hanno attrezzato gli impianti ancora prima che il lavoro clinico fosse terminato. E' stata una rivoluzione concettuale». Come se una fabbrica di auto costruisse la catena di montaggio prima di avere la certezza del modello da produrre? «Esatto, è stata una scommessa e non era scritto che sarebbe stata vinta, sia pure con qualche inevitabile inciampo tecnico. E a proposito di fabbriche di vaccini, mi lasci dire una cosa. Assisto alla discussione che dovremmo impiantarne anche in Italia. Si figuri se da imprenditore non sono d'accordo. Ma usiamo la testa. Per allestirne una, a correre davvero, passa un anno tanto è la complicanza di mettere insieme progettualità e migliaia di parti impiantistiche non tutte di facile reperibilità. Poi arrivano i collaudi e i controlli, diciamo a essere veloci altri sei mesi. Data la disponibilità di vaccini che ci sarà nel mondo tra diciotto, ventiquattro mesi, arriveremmo lunghi e forse anche vecchi per via dell'infinità di varianti che appariranno sulla scena. Oggi le grandi case farmaceutiche stanno già lavorando e investendo sul post Covid». Il post Covid? E che diavolo è? «Ci sono già evidenze, ma altre ne emergeranno, che la malattia - mi riferisco a quella in forma grave - può lasciare conseguenze non solo a livello polmonare, ma anche cardiologico o neuromotorio. Come dopo una guerra dobbiamo essere pronti a curare i reduci». Dompé mi snocciola i numeri di quello che definisce «un miracolo» dell'industria farmaceutica «grazie anche al supporto dei governi»: in un anno sono stati sfornati 400mila studi scientifici sul Covid e ci sono 4.900 studi clinici autorizzati, i vaccini in via di sviluppo sono 63 e un centinaio i farmaci, per cui si può dire altrettanto. Vogliamo dire che stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel? «Riguardo la pandemia - osserva Dompé - nel giro di tre mesi la situazione potrebbe essere sotto controllo e nel giro di sei totalmente sotto controllo. Il che non vuole dire che la malattia scomparirà, diventerà come l'HIV, che è ancora pericoloso e tra noi, ma il mix tra comportamenti corretti e terapie efficaci l'hanno reso gestibile». Precauzioni, vaccini e farmaci efficaci, è questa la ricetta. «Certo - conclude Dompé - e non solo per il Covid. Questa è l'occasione buona per riorganizzare a livello mondiale la ricerca e dare rapidità di produzione e accesso ai pazienti per i medicinali innovativi anche in altri campi. Il Covid, non dimentichiamolo, non ha spazzato via il problema delle patologie tumorali, cardiologiche e neurologiche, anzi le ha peggiorate per i minori screening effettuati a causa del Covid». Come dire, ogni tanto un po' di pragmatico ottimismo non guasta.

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